20 marzo
Al secondo autista dell'onorevole Moro vengono consegnate due borse rinvenute nella 130. Gianfranco Moreno viene rilasciato perché estraneo al rapimento del leader DC. A Torino riprende il processo al nucleo storico delle Br. Comunicato della famiglia Moro sulle condizioni di salute del rapito.
Le borse di Moro
Con il nulla osta della Procura, Oreste Riccioni, il secondo autista dell’auto di Moro, ritira, per conto della famiglia, gli effetti personali del Presidente della DC rinvenuti, all’interno della 130 e non ritenuti utili alle indagini.
Le borse sono quelle che si vedono riprese in molte foto scattate subito dopo l’agguato. Una valigetta "24 ore" ed una borsa diplomatica regolarmente chiusa, Sono state rinvenute sul lato destro del pianale posteriore, tra lo schienale del sedile anteriore ed il piano del sedile posteriore.
Le borse ritrovate nella 130 in via Fani,.
Riguardo il numero e il contenuto delle borse che Moro aveva con se al momento dell’agguato si è molto parlato, facendo diventare anche questo fatto uno dei cosiddetti fantasmi del caso Moro (vedi le borse di Moro)
Torino: riprende il processo al nucleo storico delle Br
A Torino è in programma la quinta udienza al gruppo storico delle Br. Dopo il rapimento di Moro c’è grande attesa per vedere il comportamento dei brigatisti in aula. L’attesa non va delusa e la mattinata, per il Presidente della corte Barbaro, risulta particolarmente complicata. Di seguito una parte della cronaca tratta da La Stampa del 21 marzo:
I brigatisti partono all'attacco, provocano, insultano, poi si allontanano dall'aula. L'occasione: la lettura del comunicato numero 11. E' un documento di due cartelle, carico di gravi affermazioni. Presidente Barbaro (in un estremo tentativo di conciliazione): «Il documento non contiene elementi che attengano al processo, ma solo divagazioni. Non potete leggerlo». Il brigatista Ferrari: «Parlo a nome di tutti i compagni, voglio leggerlo». Avv. Foti (difensore d'ufficio di Ferrari): «L'imputato può fare le dichiarazioni che ritiene opportune». Ferrari, con stizza: «Lei stia calmo». Interviene anche il pubblico ministero: «imputato Ferrari può parlare solo per discolparsi, non per intimidire o insultare». Pres.: «Se lei vuole discolparsi... lo faccia, ma il documento non lo legge». Ferrari: «Questo provvedimento dà la misura della vostra debolezza e miopia politica. C'è un ben altro processo... » Presidente: « Il nostro è un processo regolare, normale ». Ferrari: «Ce ne andiamo, restano qui come osservatori Curcio, Ferrari e Buonavita -. Franceschini, urlando: «Questo è un processo politico, lo ha detto anche il p.m. a Panorama». P.m.: «Non ho fatto questa dichiarazione in aula». Franceschini: «Lei è un nevrotico. C'è un ben altro processo in corso. Il vero processo si sta svolgendo in un posto più serio di questo». P.m.: «Sia espulso. Gli imputati ripetono anche questa volta la loro attività criminale. C'è un osanna al delitto. Si vergognino. Siano espulsi o mi allontano». Si toglie la toga. Presidente: «Franceschini, a cominciare da lei siamo tutti seri qui dentro». Franceschini: «Il p.m. dice che il processo è politico, ma impedisce a noi di fare dichiarazioni politiche». Presidente: «Dia anche lei un'intervista». Franceschini: «Il p.m. è un nevrotico, disonora il tribunale e la toga che porta addosso». P.m.: «Va espulso». Curcio: «Moro è nelle mani del proletariato e sarà processato. E con lui, tutta la classe dirigente e tutto lo Stato». P.m.: «I delinquenti sono nelle nostre mani». Franceschini: «Siamo un partito, un'organizzazione comunista combattente. Le Br esistono anche fuori di qui». P.m.: «E' una banda». Basone: «Che ha in mano Moro»
Il rilascio di Moreno
Nel carcere di Regina Coeli si procede all’interrogatorio di Gianfranco Moreno, fermato la notte tra il 16 e 17 marzo. Deve rispondere su cosa faceva il 4 febbraio nei pressi dello studio di Aldo Moro in via Savoia 86. Nei primi interrogatori in Questura non è stato in grado di dare una versione convincente. Adesso, dopo quattro giorni di riflessione, ricorda di aver accompagnato nell’istituto di araldica, situato proprio in Via Savoia 86, Gerardo Serafino, collaboratore dell’onorevole democristiano Gian Adelio Arnaud.
Trovata conferma del fatto da parte del Serafino, il Pm ritenuto che gli indizi che legittimarono il fermo sono venuti meno nel prosieguo delle indagini e che pertanto non sussistono le condizioni di legge per la convalida, ordina la immediata scarcerazione del Moreno se non detenuto per altra causa.
Sull’immediato fermo e sull’altrettanta repentina uscita dal caso Moro di Gianfranco Moreno, nei giorni seguenti, si scateneranno molte polemiche che comunque non approderanno a nulla.
Ne con lo Stato ne con le Br
Dopo la sorpresa e lo sconcerto seguito all’azione brigatista, anche il “movimento” prende una posizione ufficiale. Nell’aula magna della facoltà di lettere si svolge una lunga e movimentata assemblea. Molti e diversi sono gli interventi. Alla fine viene approvato un documento nel quale si afferma:
L’azione delle BR ha permesso al governo composto dai peggior figuri che governano l’Italia da 30 anni di presentarsi al paese come unica garanzia di difesa della democrazia…Siamo contro l’accordo del governo a cinque e il governo Andreotti ma diciamo anche no al terrorismo e alla lotta clandestina.
Forse nasce qui lo slogan “ne con lo Stato ne con le Br” che contrassegnerà una parte dell’opinione pubblica nei 55 giorni del rapimento.
Il primo comunicato della famiglia Moro
Nei giorni seguenti il rapimento sui giornali ci si è sbizzarriti sulle condizioni di salute di Moro arrivando a indicare medicine indispensabili e addirittura inventando una operazione mai fatta dal leader DC. La segreteria di Moro, su indicazione della famiglia, detta una nota all’Ansa che viene ripresa da tutti i giornali.
«La famiglia dell'on. Aldo Moro, che fino ad oggi aveva ritenuto opportuno astenersi dal dare informazioni sulle condizioni di salute del proprio congiunto, dal momento che non cessa la propagazione di notizie del tutto infondate, precisa che: l'on. Moro non ha subito l'operazione di cui si è scritto; dunque non ha bisogno della terapia sostitutiva che è stata indicata come conseguente ad essa; che le sue condizioni di salute, sino al momento del rapimento, erano soddisfacenti, tali da non richiedere l'assunzione di particolari farmaci. In ogni caso l'on. Moro sarebbe bene in grado di indicare tutto ciò che gli potrebbe occorrere. La famiglia si augura che. in assenza di notizie provenienti da essa o dal veri medici curanti, ci si astenga dal fornire Informazioni che, oltre a non rispondere a verità, rischiano di essere pericolose.